12 aprile 2005
S di Serge, s di sedia: danze di barche, costruttori e guardiani per una TRIBU’ in divenire

Saranno 50 le opere esposte da Serge Uberti nello spazio culturale Micro in via di Monte Testaccio 34A. alla domanda perché “Tribù” Serge risponde con un semplice ma efficace gesto delle braccia.
E, in effetti, voltare lo sguardo verso le sue sculture è sufficientemente esplicativo per il titolo della mostra: Uberti lavora sempre con materiali quali il legno, il das, e anche quando si osservano i lavori di pittura, si nota come la tela venga sempre “sporcata” con l’inchiostro prima di apporre il Segno, venga sempre resa “primordiale”, macchiata con i colori della terra prima di ritornare al bianco che, dice lui stesso, è sempre l’atto finale, l’atto decisionale.

Appositamente per la mostra Uberti ha creato su carta una serie dedicata alla “danza” Sacra indiana Bharata Natyam insegnata alla Micro da Alessandra Delfini.

A Serge non piace delimitare la propria opera e ciò si nota dall’esposizione delle sue “Danze”, laddove la carta è sostenuta senza essere racchiusa da una cornice. A ben guardare nulla, nei suoi lavori, è un caso a sé: i danzatori riprendono e amplificano lo stesso atto performativo che caratterizza l’intero suo modo di essere e fare arte. Così come le “Stanze Votive” sono la prosecuzione naturale e armonica dei tre temi a lui, da sempre, cari: I Costruttori, La Stanza segreta e il Viaggio. È una vera e propria fabula: i costruttori, terminato il lavoro di creazione della barca, una barca delle origini che continuerà il suo viaggio nell’etere, tornano nella stanza segreta, in cui hanno avuto origine, per trovare il dovuto compenso: il riposo, l’espiazione, la guarigione da tutti i mali. E così la Stanza, da intima, è ora un luogo mistico, ha compiuto il suo tragitto verticale, ha esperito l’immanenza per avvicinarsi alla trascendenza. È sorprendente come Uberti sappia rendere anche in pittura la tridimensionalità del suo Pensiero-stanza: ciò si scorge non solo dalla tecnica da lui utilizzata (spesso sulla tela vi sono sovrapposizioni di immagini su carta), ma anche dall’analisi approfondita delle dimensioni, dalla costante scomposizione dei soggetti-oggetti da lui trattati in “perimetro”, “proiezioni” e “ombra”.

Serge ci ricorda che per arrivare alla luce c’è bisogno del suo contrario, del buio. Ma non c’è angoscia in questa sua comunicazione, non ci sono urla disperate, c’è solo la necessità di un “Vento” potente ma benigno – perché con le stesse fattezze dei suoi “Guardiani-protettori” – che muova i corpi dalla loro inerzia per arrivare a nuove e più vere simmetrie. Il suo dire è un canto nella notte, frangente in cui la mano si riposa – così come il Costruttore – e la solitaria sedia può finalmente essere “Centauri” e figure mitologiche che accompagnano le nostre anime ai nostri inizi.

Per l’occasione, è stato pubblicato un catalogo sui lavori di Serge Uberti. Inoltre sarà disponibile il libro “atelier”, nato dall’incontro tra Uberti e Antonio Porta, primo volume di una collana edita da Ianuarte.



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